SABOTAGGIO

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  1. Noemi†
     
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    SABOTAGGIO

    I sistemi d’elaborazione elettronica dei dati si sono rivelati ben presto non solo comodi strumenti per procurarsi ingenti profitti illeciti, ma anche bersaglio ideale d’azioni distruttive: si tratta infatti d’obiettivi tanto vulnerabili quanto attraenti, sia per il valore patrimoniale che essi stessi, o alcune loro componenti, incorporano, sia per la funzione delicata e talvolta vitale, per una singola impresa o per l’intera collettività, che sono predisposti a svolgere. Accanto alle frodi informatiche è venuta così delineandosi una nuova tipologia di condotte illecite, la cui caratteristica comune risiede non tanto nell’abuso della tecnologia informatica (perché varie sono in realtà le modalità d’aggressione sino ad oggi emerse, alcune delle quali niente affatto diverse da quelle tradizionalmente note), quanto soprattutto nel fatto d’avere ad oggetto beni informatici. A questa tipologia, alla quale si fa convenzionalmente riferimento con l’espressione “sabotaggio informatico”( Il sabotaggio è un mezzo d'azione diretta nel quale si mette in pratica una modificazione, distruzione, ostruzione o qualsiasi intervento esterno atto ad impedire o turbare la realizzazione di un progetto)è infatti riconducibile ogni forma di danneggiamento intenzionale di un sistema informatico, tanto nelle sue componenti materiali (hardware), quanto nelle sue componenti immateriali (software), rappresentate dai dati e dai programmi. Se è indubitabile che l’aspetto veramente nuovo del fenomeno, almeno sul piano del diritto penale, va colto in quella particolare forma di danneggiamento che, avendo direttamente ad oggetto le componenti immateriali del sistema, può essere definito logico (in quanto prescinde da ogni incidenza sul substrato fisico del bene, essenziale alle forme classiche di danneggiamento), nondimeno si è da più parti sentita l’esigenza d’assicurare una particolare tutela ai sistemi informatici impiegati in settori di rilevante interesse per la collettività (o quantomeno di rafforzare quella eventualmente già prevista per beni d’analoga importanza), nei confronti d’ogni tipo d’interferenza con il loro funzionamento, sia essa realizzata con mezzi tecnologici o con mezzi di tipo tradizionale.
    A partire dalla fine degli anni ‘60, infatti, in tutti i paesi che andavano progressivamente adeguandosi alla nuova tecnologia, sono venuti registrandosi casi di sabotaggio informatico di matrice terroristica, nei quali l’elaboratore elettronico era stato individuato come obiettivo strategico, in quanto simbolo del potere che si mirava a sovvertire. La gravità di questi episodi, se in origine poteva per lo più quantificarsi in termini strettamente economici, trattandosi di rimpiazzare le apparecchiature distrutte ovvero di ricostruire patrimoni interi di dati, cancellati o comunque resi inservibili, si è accentuata col passare degli anni, allorché il rapido sviluppo di una tecnologia sempre più sofisticata ha consentito d’affidare all’elaboratore la gestione di settori estremamente delicati ed importanti nella vita della società, come la cura dei malati negli ospedali, la regolarità del traffico aereo e ferroviario, l’erogazione della corrente elettrica, il mercato finanziario e borsistico, il sistema delle telecomunicazioni, etc. In questo contesto, il rischio d’azioni distruttive o anche di solo disturbo del sistema d’elaborazione nel suo complesso assume contorni allarmanti, per gli interessi individuali e collettivi di primissimo piano che vi sono coinvolti.
    D’altra parte, anche i singoli beni informatici immateriali (dati e programmi) in sé considerati, prescindendo cioè dal tipo di sistema d’elaborazione cui sono funzionali, si sono dimostrati da subito particolarmente esposti ad azioni deliberatamente volte ad arrecare danno: la loro concentrazione in un piccolo spazio consente, infatti, di produrre conseguenze fortemente lesive per la vittima, con un minimo sforzo (ad esempio, limitandosi ad avvicinare una calamita ai supporti magnetici in cui i dati sono immagazzinati). In questi casi, se è pacifica la capacità delle fattispecie penali tradizionali d’assicurare adeguata tutela ogni qual volta l’aggressione coinvolga anche il supporto fisico sul quale quei dati o quei programmi siano stati memorizzati, non altrettanto può dirsi per le ipotesi nelle quali il supporto fisico non sussiste (perché, ad esempio, si tratta di dati in fase di trasmissione) o comunque è rimasto intatto. La difficoltà di ricondurre dati e programmi alla nozione di cosa, sulla quale s’impernia, non solo in Italia (art. 635 c.p.), ma nella maggior parte degli ordinamenti, la norma incriminatrice classica del danneggiamento, ha fatto dunque sorgere l’esigenza di un intervento legislativo ad hoc, che sancisse in modo inequivocabile la rilevanza penale anche di questa nuova forma di danneggiamento.




    ARTICOLI:
    Art 635 cp:
    Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili [c.p. 624] o immobili altrui, è punito, a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336], con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309 [c.p. 424, 427, 431, 638]. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni [c.p.p. 235] e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso:
    1. con violenza alla persona o con minaccia [c.p. 634, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies];
    2. da datori di lavoro in occasione di serrate, o da lavoratori in occasione di sciopero [c.p. 502, 505], ovvero in occasione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 330, 331 e 333;
    3. su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto, o su cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici ovvero su immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati, o su altre delle cose indicate nel n. 7 dell'articolo 625 [c.p. 508];
    4. sopra opere destinate all'irrigazione;
    5. sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento [c.p. 639, 649, 664; c.n. 1123];
    5-bis. sopra attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.
    Per i reati di cui al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
    Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228). Aumenti di pena per questo reato sono previsti dall'art. 1, L. 25 marzo 1985, n. 107, sulla repressione dei reati contro persone internazionalmente protette.
    La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall'art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall'art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163). La competenza per il delitto previsto dal presente comma è devoluta al giudice di pace, ai sensi dell'art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, n. 234.

    La Corte costituzionale, con sentenza 18 giugno-6 luglio 1970, n. 119 (Gazz. Uff. 8 luglio 1970, n. 170), ha dichiarato la illegittimità del presente numero, nella parte in cui prevede come circostanza aggravante e come causa di procedibilità d'ufficio del reato di danneggiamento il fatto che tale reato sia commesso da lavoratori in occasione di uno sciopero o da datori di lavoro in occasione di serrata. In precedenza la stessa Corte, con sentenza 27 giugno-8 luglio 1957, n. 110, aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente numero, in riferimento all'art. 40 Cost
     
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